Il racconto di Salvini, obrobioso, è che “i radical chic” cospirano contro il volere popolare, penalizzando gli italiani in favore degli extracomunitari. Al Festival di Sanremo la giuria d’onore e la sala stampa hanno fatto vincere Mahmood che era arrivato ultimo al televoto (14%, contro il 46% di Ultimo che ha finito però per arrivare secondo), votandolo compattamente: in pratica tutta la sala stampa e tutti i giurati d’onore hanno votato per lui, pur di farlo vincere sorpassando il plebiscito del giudizio popolare.
Come si può leggere questa sconsiderata azione della giuria, se non come una scelta politica? Una forzatura, chiara e semplice. Avrebbe potuto anche avere un senso se avessero premiato la canzone migliore, ma il brano che ha vinto non è particolarmente bello, può piacere, sì, ma certo non così tanto da ottenere un risultato talmente impattante da capovolgere il un televoto schiacciante come nel nostro caso.
Quindi, cosa è passato per la testa dei giurati e dei giornalisti in quei pochi minuti in cui hanno dovuto prendere una decisione? Forse hanno avuto la tentazione di fare la storia, di incidere, di dare un segnale. Invece hanno dato una scusa a Salvini per precipitarsi a twittare che il risultato è stato ingiusto, per sottolineare che lui sta con gli italiani e che gli stranieri si insinuano nella nostra cultura, peggiorandola: ci rubano anche il Festival di Sanremo!
Insomma, hanno completamente dato vita al suo osceno racconto, lo hanno reso incredibilmente reale. Credendo di fargli un dispetto gli hanno fatto un gigantesco favore. E, purtroppo per tutti noi, anche se “sono solo canzonette”, queste cose contano, si insinuano nel pensiero della società e germogliano nel tempo, producendo divisioni e aiutando fatalmente chi si nutre di esse.